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V I S U A L I Z Z A    D I S C U S S I O N E
Janez Posted - 04 giu 2010 : 15:02:05
http://www.hoepli.it/libro/il-lavoro-manuale-come-medicina-dell-anima.asp?ib=9788804596486

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5   U L T I M E    R I S P O S T E    (in alto le più recenti)
qwerty_50 Posted - 04 giu 2010 : 17:09:51
Letto!
Il concetto base va benissimo.
Il libro però è un pò pesante.
Non vi aspettate di leggere storie pazzesche di moto resuscitate, solo piccoli commenti. Il resto sembra un trattato di filosofia.

...magari sfogliatene qualche pagina prima di acquistarlo
zambe Posted - 04 giu 2010 : 16:26:11
janez, ora capisco perchè alle lezioni di organizzazione del lavoro spesso mi addormentavo e il mio libretto riporta un 22 o giù di li.

credo tra le tue righe, ci sia una lezione degna di tale nome!

______________________________________________________________________

certe cose non si possano fare. "NEPPURE" con l'ausilio di una chiave sghemba.
Alessandro Pisacane Posted - 04 giu 2010 : 16:03:20
Ma grazie Janez!

Ho sempre provato gioia e serenità nel costruire, sin da bambino (quando mi sono costruito un modellino di auto radiocomandata pezzo per pezzo).

Ora lascio lo studio e vado a riparare la mia zanzariera......
Ciao



Ale

Italiani popolo di santi, poeti, navigatori......e scooteristi!
Massimiliano Posted - 04 giu 2010 : 15:54:27
Accidenti, molto interessante!
Grazie, Janez

Massimiliano

"Solo quello che non c'è non si può rompere" - Henry Ford
Janez Posted - 04 giu 2010 : 15:04:22
L’avevamo sempre pensato ma, finalmente, qualcuno ci ha finalmente spiegato perchè il fai da te (nel nostro caso la manutenzione/riparazione/elaborazione di una motocicletta) è piacevole, divertente, quasi sempre rilassante! A illuminarci è un libro di grande successo in USA scritto da tale Crawford Matthew e intitolato “Il lavoro manuale come medicina dell’anima” con in copertina, per chi avesse dei dubbi, la foto di una vecchia BMW evidentemente bisognosa di cure. In realtà il titolo italiano alleggerisce - e di molto - il significato di questa opera che non è un’apologia del bricolage, ma un’analisi critica dell’organizzazione del lavoro nella nostra società dove, sempre di più, il lavoro consiste nel realizzare un pezzettino di un progetto che non si conosce e a cui non si partecipa.
Per esempio, questa è l’alienazione della catena di montaggio sin dall’epoca della sua introduzione all’inizio del secolo scorso, catena dove l’operaio ripete sempre la stessa operazione senza nulla conoscere dell’oggetto che sta contribuendo a costruire. Ma dalla catena di montaggio, secondo l’autore, questa frantumazione della conoscenza si è poi riversata anche sul lavoro intellettuale e, addirittura, sulle mansioni dirigenziali. In questo modo, ormai, la visione complessiva di un progetto è diventata un monopolio di pochi che spezzettano questa conoscenza in parti (in forma di procedure e istruzioni) da far poi realizzare a operai, impiegati e intellettuali senza specifiche qualità, se non quella di costare il meno possibile! Le conseguenze negative di questa nuova organizzazione sono molteplici, dalla volatilità dei posti di lavoro per la concorrenza di aree a basso costo di manod’opera operaia e intellettuale, alla frustrazione generalizzata dei lavoratori con la conseguente perdita di senso di responsabilità e di senso di appartenenza nei confronti di ciò a cui stanno lavorando, alla perdita di conoscenza nei confronti degli oggetti che utilizziamo tutti i giorni. Infatti, tutte queste macchine grandi e piccole - dal phon all’automobile - non sappiamo più come funzionano, non siamo più in grado di ripararle, diventano solo oggetti di consumo e noi solo consumatori, in balia degli esperti di marketing e di pubblicità. Insomma, bisogna tornare allo spirito dell’artigiano, oppure del meccanico o anche del medico, che devono conoscere tutto degli oggetti o dei meccanismi inanimati o animati di cui si occupano per poter raggiungere il risultato finale (la costruzione da zero di qualcosa, la riparazione di una moto, la guarigione di un malato).
Ma il discorso si fa complicato e ci porterebbe lontano: a questo punto meglio che chi volesse approfondire l’argomento si legga il libro. Quello che è certo è che nella realtà l’autore ha dato per primo il buon esempio, rinunciando ad un prestigioso incarico all’università per aprire un’officina meccanica dove ripara e restaura vecchie motociclette e, in questo modo, afferma di essersi riapproppriato della conoscenza a tutto tondo (in questo caso della motocicletta) e, come conseguenza, della sua vita.
Beh, una scusa nobile per rifugiarmi nel box a pasticciare con le motociclette in effetti mi mancava: d’ora in poi mi sentirò, oltre che felice e soddisfatto, anche un’avanguardia degli stili di lavoro del prossimo futuro!

Per chi fosse interessato:
Crawford Matthew, Il lavoro manuale come medicina dell’anima (perchè tornare a riparare le cose da sè può renderci felici) - Mondadori 2010, pp 225, 17,5 euro


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