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V I S U A L I Z Z A    D I S C U S S I O N E
orazio Posted - 06 gen 2008 : 17:31:47
Scrive V.Tessera nel suo libro, Innocenti Lambretta, a pag. 43:

"Ma ormai la crisi economica ha raggiunto il suo apice e Luigi Innocenti, stanco anche della imprevedibile situazione economica italiana, preferisce vendere tutto il complesso industriale e ritirarsi."

Che un industriale di quel calibro si ritiri a vita privata ...mi lascia perplesso, come del resto la svendita di quel patrimonio aziendale e nazionale.

Come si svolsero veramente i fatti? Quali le ragioni economiche e politiche? Perchè e a vantaggio di chi?

Mi piacerebbe che, al di là di ipotesi suggestive, si discutesse, a partire dai fatti, sull'altra verità della fine del miracolo italiano Innocenti.



orazio
15   U L T I M E    R I S P O S T E    (in alto le più recenti)
alvaro Posted - 09 gen 2008 : 19:41:57
No Andy72
(forse è meglio se ti chiamo Andrea, se a te non dispiace),
non credo che la Piaggio si sia ritrovata nella posizione in cui si è ritrovata solo per aver adottato una strategia "estetica" e cromatica rivolta ai giovani.
Penso piuttosto che, come ho accennato nel mio precedente topic, abbia potuto contare su altri supporti molto più determinanti e di derivazione spiccatamente Torinese (leggi pure FIAT).

- Supporti e sovvenzioni statali o parastatali in via diretta e/o indiretta.
- Strategie produttive di indiscutibile emanazione "Lingottifera" con le sue catene di montaggio.
- Diversificazione progettuale e strutturale dei prodotti in produzione rispetto alla concorrenza in esame.

E' questo ultimo punto, secondo me, l'asse portante attorno al quale tutto ruotava ...e ha ruotato.
La Lambretta è sempre (e da sempre) stata diversa dalla Vespa:
telaio per la prima, "carrozzeria" portante per la seconda.
Questa differenza significa (estimatori o detrattori a parte) una diversa tipologia e metodologia di realizzazione; in poche parole (ed in soldoni) occorrevano meno ore e meno mano d'opera per produrre una Vespa che non una Lambretta, anche ottimizzando le linee di produzione.
Dal momento che poi, in ultima analisi, una Lambretta non poteva, alla fine, costare di più di una Vespa ...pena risultare "fuori mercato", e dal momento che l'acquirente (nell'80% dei casi) riteneva il prezzo l'elemento determinate per una scelta...
viene facilmente fuori che la Innocenti non poteva più essere competitiva con un prodotto concorrenziale che permetteva margini di guadagno superiori e possibilità di ammortizzatori "aziendali" più efficaci.

Se a questo si aggiungono i "supporti e sovvenzioni" (di cui al punto precedente) elargiti in modo non equanime...
si può comprendere meglio la nascita delle varie "spagnole" ed il definitivo trasloco in India.

Quindi, Andrea, come vedi non è che ci fosse molto da "svoltare", la strada era dritta e rettilinea ma, purtroppo, già segnata in "alto loco"...

Ci sono sempre state (e sempre ci saranno) cose che passano almeno 30 metri sopra la testa di quelli come me.
Apparentemente sembrano cose assurde e incomprensibili, alcune fuori da qualsiasi logica al punto che, davanti allo specchio, viene da chiedersi se "siamo tutti a piombo" oppure no.
Poi, magari dopo, andando a "grattare" in fondo al barile la verità (o le cose non dette allora) viene (e vengono) fuori;
...ed ecco che, allora, uno ci si affeziona anche di più a quella sua Lambretta.

alvaro
Andy72 Posted - 09 gen 2008 : 16:46:30
Io no ho vissuto "attivamente" quegli anni, ma visionando il documentario Vespa (History Channel) ho potuto comprendere quale sia stata invece la mossa vincente di Piaggio: con l'arrivo sul mercato della 500/600 (che mi sostituisce la Vespa/lambretta come veiocolo di famiglia), coloro lo scooter, lo rendo appetibile per il mercato giovane e ne creo un oggetto desiderato e indispensabile per i 16-18enni.
Non conosco bene la storia Lambretta, ma questa svolta non mi sembra l'abbia fatta
1969lambr Posted - 09 gen 2008 : 14:49:41
interventi interessanti ed istruttivi, grazie a tutti per aver colmato alcune mie lacune storiche.

150 LI 3° serie '63
vespa 50/R V5A1T '74
legnano T116 '62
Alessandro Pisacane Posted - 09 gen 2008 : 09:42:41
Garardo, per quanto mi riguarda il tuo discorso non mi ha tediato affatto, come del resto tutti gli altri interventi.
Ciao

Ale

Spero che scorra buon "olio" tra di noi..
monte76 Posted - 09 gen 2008 : 08:43:49
Bella conversazione, mi piace.
L'analisi del contesto sociale di Orazio è giusta, ma ritengo si possa aggiungere qualcosa; in realtà il vero problema scoppiato in quegli anni non è stato solo l'inflazione o la sopraggiunta scarsa voglia di motociclette, ma anche e, credo,soprattutto l'esplodere del consumismo, che come tutti i fenomeni avvenenti in Italia, raggiunge sempre vette parossistiche; mi spiego meglio: la società consumistica diffusa già da qualche anno nel mondo occidentale si innestava su di un tessuto economico in grado di supoportarla, mentre la nostra povera Italia, fatta da tante regioni a velocità diverse, era accomunata da una costante che ci contraddistingue ancora oggi: fare sempre e comunque il passo piu' lungo della gamba, con gli immaginabili risultati, ovvero desiderare e comprare quello che poi non si puo' pagare. A causa di cio' lo scooter, mezzo che sarebbe stato adeguato per la gran parte delle possibilità degli italiani, diventa troppo piccolo, troppo lento, poco di moda, tutti debbono avere l'automobile; e questo vale per tanti altri beni, vi ricordate alla fine degli anni 70 la corsa al TV color,e poi la corsa alle vacanze di massa, la corsa al cellulare, la corsa alla parabola, la corsa al TV al plasma, la corsa a.....
Altro sbocco per i nostri prodotti industriali sarebbero potuti essere i mercati stranieri, ma anche qui l'Italia non ama le mezze misure, i nostri prodotti che si vendono all'estero possono essere solo i prodotti d'eccellenza, cioè solo merce ad alto contenuto di tecnologia (unita alla genialità) o ad alto tasso artigianale;il nostro scooter Innocenti, purtoppo non rientrava nella categoria, non bastando numeri da prodotto di nicchia per farne sopravvivere la produzione. Altro handicap dell'Italia e dei suoi prodotti è che non si è mai riuscito a fare un prodotto medio, vendibile e fatto bene. Prendiamo l'esempio dell'industria tedesca, è sempre riuscita a vendere tanti prodotti, con un ottimo ritorno economico e a prezzo adeguato su tutti i mercati del mondo, riuscendo anche a pagare bene i suoi operai, tanto che una infinità di italiani andarono a lavorare e lavorano tuttora nelle industrie teutoniche.La Germania nel 1945, alla fine della guerra, stava in condizioni molto peggiori dell'Italia, ma la gente e lo spirito era diverso, e conseguentemente i risultati sono stati diversi.
Si potrebbe continuare a disquisire a lungo su questi argomenti, ma credo di aver già abbondantemente tediato tutti quelli che hanno avuto la pazienza di leggere fin qui.

Gerardo
orazio Posted - 09 gen 2008 : 00:06:47
  • mancanza di programmazione e scelte errate
  • I meriti e le colpe del fenomeno Innocenti vanno sicuramente ascritti tutti al suo fondatore
  • una enorme presa per i fondelli (subdola e strisciante) che cominciava ad instillare, a piccole dosi, il paradosso concettuale che, per far aumentare la produzione, occorreva stimolare i consumi
  • la Fiat...
  • Non era piu' tempo di moto


grazie per i contributi che state dando alla conversazione!

Credo che certi fenomeni, creativi o degenerativi che siano possano essere maggiormente compresi se messi in relazione al contesto complessivo nel quale accadono, contesto sempre assai variegato ed articolato come lo era quello italiano alla fine degli anni sessanta. Certo il sessantotto...i cambiamenti del costume e della società... ma anche altro: sono di quel periodo i primi accordi di programmazione economica (governo, sindacati, partiti, confindustria ecc.), l'inflazione faceva sentire il proprio peso sugli stipendi dei lavoratori e sul potere d'acquisto, la crisi petrolifera era alle porte. E' il periodo delle aziende a partecipazione statale, degli aiuti economici di stato a salvaguardia dell'occupazione, degli infiltrati dell'industria nella politica...
Mi domando se davvero la cessione delle linee lambretta all'industria di Stato Indiana sia stato solo un "colpo di genio" del management innocenti... o piuttosto una scelta strategica e consapevole, preordinata o forse solo favorita o sollecitata da quel mondo politico, sindacale, economico, industriale che in quegli anni tirava le file della nostra Italia.

orazio
alvaro Posted - 08 gen 2008 : 19:17:43
Mi piace e m'intriga l'analisi di monte76, credo che ci siano molti spunti di riflessione interessanti e molto vicini alla realtà dei fatti, spunti che non ho difficoltà ad apprezzare e che mi vedono allineato.

Posso solo aggiungere che l'inevitabile cambio generazionale ha, come tutte le cose, 2 aspetti diametralmente opposti tra loro:
se da una parte è necessario il cambiamento di rotta ed una visione più ampia e lungimirante dell'orizzonte futuro dall'altra c'è la minor partecipazione di "pancia" nell'impresa.
Meno amore, meno trasporto e più praticità ed un occhio più attento (e spietato) alle cifre in bilancio.

Se mentre la "Vespa" a Pontedera poteva contare in quegli anni ed in quel periodo di cambiamenti sulle spalle larghe dei "cugini" di Torino, la Lambretta non poteva fare altrettanto.
La diversificazione degli interessi industriali (non sempre gestiti al meglio) ponevano dei condizionamenti nel breve termine, mentre nel medio-lungo si avvertivano già i clamori di una enorme presa per i fondelli (subdola e strisciante) che cominciava ad instillare, a piccole dosi, il paradosso concettuale che, per far aumentare la produzione, occorreva stimolare i consumi.

Consumi che dovevano essere ...stimolati cercando di far fuori (letteralmente) tutto quel parco motociclistico (e non solo) che noi tentiamo di recuperare ma che, per quel "paradosso concettuale", stava durando troppo da troppo tempo e non ne voleva sapere di rompersi.

Il resto è storia nota:
incentivi per la rottamazione di quei "bastardi di ferro" che non si vogliono rompere mai e che hanno 7 vite come i gatti
...con la bufala dell'inquinamento del motore a 2 tempi che sì, inquina, nessuno lo nega; ma molto meno di certi altri inquinamenti che sono da sempre tollerati.

...e quindi ora avanti con i frullatori di plastica a disintegrazione programmata.

Progresso docet.
monte76 Posted - 08 gen 2008 : 17:37:39
Sono profondamente daccordo con vespamodelli, l'Innocenti è stato un fenomeno tipicamente italiano , nel bene e nel male; nel bene con la sua genialità e spregiudicatezza progettuale, nel male perchè il suo artefice, come tanti imprenditori, ha costruito qualcosa di grandioso senza però pensare al futuro management industriale, schiacciando il figlio sotto il suo peso e nel contempo lasciandogli il peso stesso da portare.Nel 1966 avviene questo passaggio,tra l'altro in un momento cruciale della società italiana, in una fabbrica fortemente sindacalizzata e con un mercato che non assorbe quasi piu' il prodotto di punta, che di contro è molto richiesto sui mercati delle nazioni di nuova motorizzazione, ma non puo' essere assolutamente prodotto in Italia, poichè i costi già allora erano poco competitivi; da qui un lento declino dei tre rami in cui era divisa l'azienda, con la cessione della produzione di motocicli alla indiana SIL, del ramo meccanico alla Santeustachio (a partecipazione IRI) e dal cui acronimo nascerà la INNSE, ed infine del settore auto alla British Leyland, da cui la Leyland Innocenti, che morente verrà rilevata nel 1976 da De Tomaso, per ricevere il colpo di grazia finale all'inizio degli anni '80, quando diventerà il brand piu' infame del gruppo FIAT, vedi la Koral, prodotta in Yugoslavia, oppure la Elba, nome con cui la FIAT commercializzava la Duna, non avendo piu' il coraggio di farlo col proprio nome.
I meriti e le colpe del fenomeno Innocenti vanno sicuramente ascritti tutti al suo fondatore, spesso chi è geniale non accetta di modernizzarsi, di cambiare , e questo avviene magiormente quando si ha un grande carisma, e Ferdinado Innocenti pare ne fosse ampiamente provvisto; quando penso alla mancata evoluzione industriale della Innocenti mi viene sempre da pensare alla Ferrari, che alla metà degli anni '60 subi' una grave crisi di risultati, poichè il Drake non accettava di conformarsi alle evoluzioni tecniche dei "garagisti" inglesi, e continuava a proporre macchine da competizione a motore anteriore, rimediando delle sonore sconfitte; ma Enzo Ferrari seppe capire ed adeguarsi, perchè lui era un agitatore di uomini, sapeva far dare il massimo e piu' del massimo a tutti, ed aveva già creato il futuro all'interno della sua azienda, cosa che purtroppo non avvenne per la Innocenti.
vespamodelli Posted - 08 gen 2008 : 16:42:23
Dietro c'era solo mancanza di programmazione e scelte errate.
Tutto qui, ma basta e avanza.

Chi VESPA mangia le mele, SDENTATO chi frulla.
lmbrttIZ5 Posted - 07 gen 2008 : 16:45:50
Io ho sempre pensato ci fosse "dietro" la Fiat...



Ciao

Matteo (PC)
mezzapinta Posted - 07 gen 2008 : 14:50:06
Grazie per il link, mi accorgo ora che la macchina di mio nonno era una Innocenti Regent color oro purtroppo è finita in uno sfasciacarrozze :(

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"Lo senti arrivare da lontano
amos Posted - 07 gen 2008 : 12:35:20
grazie orazio lo fatto passare velocemente ora ed è molto interessante sono molto belle le foto d' epoca specialmente quella dei 2 lambrettisti con i borsoni di tela attacati posteriormente
orazio Posted - 07 gen 2008 : 01:19:15
Ecco, da una prima ricerca un link sulla storia dell'Innocenti; è un testo di Andrea Gallazzi che ho golosamente "assaggiato". Riporta anche dati interessanti sulla produzione giornaliera e mensile delle lambrette. Riguardo alle mie suggestive domande, la cessione delle linee della lambretta è qui raccontata come una scelta aziendale, vista la crisi del mercato e i costi dell'eventuale rinnnovamento tecnologigo produttivo (attuato invece dalla Piaggio per la Vespa). Si accenna anche al poco interesse della dirigenza per il settore scooter, dall'Innocenti figlio - Luigi - ai vari dirigenti che vedevano invece nella produzione automobilistica l'unica possibilità di rilancio dell'azienda...

Forse qualcuno non la raccontava giusta...
vi lascio il link e la parola!
http://www.inno-mini-world.com/Innocenti/story/storiainnocenti/1.htm

orazio
pieremo Posted - 06 gen 2008 : 23:00:24
Nel 72 non era ancora crisi economica, crisi sindacale
forse, con e per lo strascico del 68.
Non era piu' tempo di moto, quante gloriose marche hanno
chiuso in quegli anni ?
Hanno resistito le novita'(Japan) e le prime maxi, il popolo
voleva l'auto per lavorare e per portare in gita tutta la famiglia.
Non e' solo questo pero', Orazio non ti accontentare.
Remo
wanvaiden Posted - 06 gen 2008 : 22:27:54
la domanda è bella,chissa chi avra la risposta giusta

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